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Alvaro Soler: «Ho cambiato la mia vita per amore della musica»

  • Francesco Chignola - TV Sorrisi e Canzoni
  • 29 set 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Abbiamo toccato con mano la popolarità di Alvaro Soler. Il cantante spagnolo, neo-giudice di «X Factor», è venuto in redazione per cantare i suoi successi «El mismo sol» e «Sofia». La voce si è sparsa in fretta. In mensa, al bar, nei corridoi del palazzo Mondadori non si parlava d’altro da giorni. Al suo arrivo, i nostri uffici sono stati presi d’assalto. Alvaro non si è scomposto. «Ci penso io» ha detto alla sua agente. E con poche parole, in un italiano impeccabile, è riuscito a contenere l’entusiasmo della folla per permettere a tutti di ascoltarlo. Tre anni sembrano pochi, ma possono cambiare una vita. Prendete Soler: nel 2013 era in gara nell’edizione spagnola di «Tú sí que vales» con la sua band, gli Urban Lights, oggi è il giudice di «X Factor» in Italia. Quando gli dico di aver visto sul web il video della sua esibizione a Telecinco si mette a ridere, con un filo di imbarazzo. Alvaro, che effetto fa passare «dall’altra parte» in un talent? «Aver fatto il concorrente è utile, so cosa si prova dietro le quinte, so che si aspettano tante ore e poi hai solo due minuti per farti notare. Fu una bella esperienza per il mio gruppo, ma nessuno voleva scritturarci. Forse eravamo troppo “americani” per la Spagna». Così ti sei messo «in proprio». «Nel 2014 mi sono trasferito a Berlino. Per me era un passo fondamentale andare a vivere da solo, allontanarmi dalla famiglia». I tuoi genitori come l’hanno presa? «Mi ero già laureato in una materia che adoravo (Design industriale, ndr) quindi loro erano tranquilli. Ma una volta finiti gli studi ho detto: mi prendo due anni per fare musica, dedicandomi soltanto a quello». Come facevi a mantenerti? «Lavoravo solo per sopravvivere: non volevo rubare tempo alla musica. Ho fatto di tutto: dallo steward all’accoglienza agli eventi. Ho fatto pure l’autista. Una volta ho dato un passaggio a Shakira». Non le hai cantato un tuo pezzo? «Ma no, era con Piqué! Lavoravo in una grande festa a Barcellona, ma c’era una scala da fare e lei era incinta... così l’ho accompagnata su un “golf cart”. Un giorno la incontrerò e glielo racconterò». Quando è nata la tua passione per la musica? «In Giappone, dove ho vissuto dai 10 ai 17 anni, quando i miei genitori mi hanno regalato una tastiera per il compleanno. Poi un giorno ho guadagnato dei soldi con un lavoro e mi sono comprato un computer. E mi si è aperto un mondo». Conservi ancora le canzoni che hai fatto in quel periodo? «Per carità, erano solo esperimenti! Ma per me era come andare a scuola. Mi ha aiutato molto: ora quando entro in uno studio di registrazione non ho bisogno di un tecnico che mi spieghi tutto». A «X Factor» ti hanno annunciato usando tre aggettivi: bello, empatico e severo. Ti ci riconosci? «Non mi piace tanto che mi definiscano “bello”. Mara Maionchi l’altro giorno mi ha detto: “Se sei bello devi dimostrare di essere bravo”. Ma per me non è un problema: non ho paura di non essere all’altezza. È vero che sono empatico. E sono severo solo quando devo: alla gente che arriva e non sa cantare, io dico no». Nei giudizi sembri gentile anche quando «bocci» qualcuno. «Manuel Agnelli mi ha detto: “Tu anche quando dici no, lo fai con un sorriso”. Se sono così positivo è perché la vita non finisce se ti dico di no. Anzi, in quel momento stai imparando qualcosa». Cosa cerchi in un concorrente? «L’originalità e l’essenzialità. È bello quando riescono a farti emozionare solo con una voce, una chitarra e una storia». Però in tv a volte la storia umana diventa più importante della musica. «Se ciò che il concorrente si porta dietro lo aiuta a essere una persona più aperta a imparare, per me è perfetto. Ma io mi occuperò soltanto della musica. Non vedo l’ora che inizino le dirette per lavorare ogni giorno con la squadra». Ma prima ti esibirai a Los Angeles, ai Latin American Music Awards. «Canterò un medley di “Sofia” e “El mismo sol”. Ho anche tre nomination, non me l’aspettavo! E dopo andrò una settimana a fare promozione in America Latina: Colombia, Ecuador, Messico...». Di’ la verità: non ti sei stufato di cantare «El mismo sol» e «Sofia»? «(Ride, ndr) Anch’io credevo che sarei diventato pazzo, in realtà è il pubblico a fare la differenza: è sempre diverso, come qui con voi in redazione. Ed è grazie a “Sofia” che ho avuto la possibilità di esibirmi all’Arena di Verona, il posto più bello dove ho suonato nella mia vita». Ma quante ragazze di nome Sofia ti fermano in media ogni giorno? «Sono di più quelle che mi dicono: “Mi chiamo Virginia, fai una canzone con il mio nome?”. Credo che le “Sofie” siano stufe di sentire il loro nome in radio...». Per ascoltare tue nuove canzoni, invece, quanto dovremo aspettare? «Al momento non ho tempo di finirle, ma ho tante idee: le registro con il telefono e le metto da parte. Il mio progetto è di fermarmi a gennaio e di chiudermi in studio qualche mese a scrivere». Ora non hai nemmeno tempo per la famiglia e gli amici... «Nei prossimi giorni suonerò a Barcellona e resterò due giorni in più, per stare con la famiglia. Purtroppo non li vedo spesso. Per fortuna c’è Skype». Ti manca un po’ la tua casa? «Certo, ma anche quella dove abito, a Berlino. In questo periodo vivo dentro una valigia, sono sempre in movimento. Quando non dormi la voce ne risente». Cosa fai per tenerla allenata? «Faccio attenzione a non fare festa tutta la notte, a non esagerare coi cocktail. Con una vita così agitata, essere tranquilli è l’unico modo per sopravvivere».

FONTE: Clicca o copia il link per vedere l'articolo originale!!!

http://www.sorrisi.com/musica/news/alvaro-soler-ho-cambiato-la-mia-vita-per-amore-della-musica/

 
 
 

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